Archive for the ‘White Wall’ Category

Il muro bianco n. 4

8 ottobre 2016

Ero lì a osservare la mia crepa nel muro preferita, quando un “ping” rimbalzò dalla rete sul tavolo dei miei pensieri. Mi posi una domanda del tipo: “pongo o non pongo attenzione al ping? Pongo!” decisi e m’avvicinai al computer in stand-by spingendo, con un colpo di talloni, la mia sedia da ufficio a rotelle girevoli. Resuscitato il computer da un sincopato screensaver, risposi in push al supposto servizio di posta elettronica. Era l’arrivo di una strana email ad aver stimolato il mio intorpidito udito. Con il mio dito di maggior gradimento, l’indice, feci roteare la rotella del mouse per darle un’occhiata. L’oggetto dell’email m’incuriosiva seppur non credo mai, come non credetti allora, alle soluzioni offerte dai soliti noti sconosciuti, ma “Scopri il metodo per sanare le crepe della tua mente” m’attrasse e istintivamente cliccai il link per aprirla. Spam! Apriti cielo: un virus diabolico, in modalità wireless, si abbattè sulla mia parete del temporale, causandomi un tornado di emozioni. Immediatamente pingai in rete, attraverso i maggiori motori di ricerca, una richiesta d’aiuto rivolta a tutti gli internauti. Mi sfogai con un post di protesta sul mio blog, ma il computer s’impallò e fui costretto a reinstallare il sistema. Formattai l’intera memoria, non prima di aver fatto il backup dei miei ricordi. Scevro da ogni recondito pensiero, con uno scatto del metatarso tornai a vivere per metafore.
Mi rimisi seduto a rimirare il muro, bianco senza tuorlo d’uomo.

Il muro bianco n. 3

1 ottobre 2016

Ero lì a osservare la mia crepa nel muro preferita pensando “la mia vita è il rischio e rischio la mia vita. Corro sulla lama del rasoio e me ne infischio, scartando l’ipotesi di radermi la barba.” Folta e incolta come il giardino oltre il muro bianco, che bellamente fissavo, con cipiglio. Increspando la fronte, contraendo le ciglia in segno di turbamento, irritato come una mosca per caso poggiatasi sulla carta moschicida, invischiato nella maledetta promessa fatta a mia moglie di falciare l’erba, ma ero al di qua del muro. Gettai un’occhiataccia alla mia crepa nel muro preferita, laddove l’intonaco era più volatile, aleatorio, quasi diafano, che dalla superficie increspata quasi lasciava passare la luce. In manica di camicia restai di stucco, corrugato come la mia fronte, dietro la quale celai la mia immaginazione: prato all’inglese con erba falciata di fresco! Improvvisamente mia moglie entrò nella stanza con falce e martello. “Ora ce l’hai,” disse con il pugno chiuso, “va e falcia” m’intimò. Con tono intimo sussurrai “e il martello?” Sibilò “rodo dentro! Il martello ti serve per inchiodare i tralicci.” Trasalì e aggiunse “un giorno o l’altro mi farai crepare.” Istintivamente osservai la mia crepa nel muro preferita, oltre il quale già sudavo. M’alzai di scatto, presi gli arnesi e m’avviai oltre il giardino, non avevo chance! Né altro giardiniere che mi aiutasse a calar la falce a filo radente sulle erbacce selvatiche. Stavo per menare il primo colpo quando osservai sott’occhio mia moglie uscir sottecchi. “Qua c’è di mezzo un sotterfugio” pensai e m’accinsi a tornare al mio pertugio. Rientrai in casa defilato e affaticato per la fatica di star per faticare.
Mi rimisi seduto a rimirare il muro, bianco senza tuorlo d’uomo.

White Wallace


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