Il muro bianco
Protasi di un periodo ipotetico nichilista!
Protesi di periodici ipotetici nichilisti!
Passo, nel senso che passo la mano, cippo, nicchio, glisso, trascorro (ma molto lentamente, diciamo più che altro che tralascio) le giornate intere seduto a guardare il muro e le notti in bianco a guardare il soffitto. Il fatto è che in un muro bianco io ci trovo mille cose interessanti. Seduto davanti a un muro bianco mi emoziono, mi diverto, mi commuovo, esso per me ha un’attrattiva ineguagliabile e se non fosse che, poi, mia moglie è gelosa del muro, bisogna lavorare per continuare ad avere un muro proprio da poter guardare, nel senso da poterlo proprio guardare, mia suocera mi urla al telefono (ho il telefono a muro) che ho il mutuo da pagare, le bollette, il frigo è vuoto, non porto mai la figlia a vedere un film, a mangiare fuori ecc., acc… dovrei strapparmi dal muro prediletto per darmi da fare, rischiando di perdere, così, tutta l’evoluzione di quella piccolissima crepa nell’intonaco in basso a sinistra, che in circa due anni è cresciuta pericolosamente di due millimetri!
Nicola Lista, detto Niki
Il muro bianco n. 4
Ero lì a osservare la mia crepa nel muro preferita, quando un “ping” rimbalzò dalla rete sul tavolo dei miei pensieri. Mi posi una domanda del tipo: “pongo o non pongo attenzione al ping? Pongo!” decisi e m’avvicinai al computer in stand-by spingendo, con un colpo di talloni, la mia sedia da ufficio a rotelle girevoli. Resuscitato il computer da un sincopato screensaver, risposi in push al supposto servizio di posta elettronica. Era l’arrivo di una strana email ad aver stimolato il mio intorpidito udito. Con il mio dito di maggior gradimento, l’indice, feci roteare la rotella del mouse per darle un’occhiata. L’oggetto dell’email m’incuriosiva seppur non credo mai, come non credetti allora, alle soluzioni offerte dai soliti noti sconosciuti, ma “Scopri il metodo per sanare le crepe della tua mente” m’attrasse e istintivamente cliccai il link per aprirla. Spam! Apriti cielo: un virus diabolico, in modalità wireless, si abbattè sulla mia parete del temporale, causandomi un tornado di emozioni. Immediatamente pingai in rete, attraverso i maggiori motori di ricerca, una richiesta d’aiuto rivolta a tutti gli internauti. Mi sfogai con un post di protesta sul mio blog, ma il computer s’impallò e fui costretto a reinstallare il sistema. Formattai l’intera memoria, non prima di aver fatto il backup dei miei ricordi. Scevro da ogni recondito pensiero, con uno scatto del metatarso tornai a vivere per metafore.
Mi rimisi seduto a rimirare il muro, bianco senza tuorlo d’uomo.
Il muro bianco n. 3
Ero lì a osservare la mia crepa nel muro preferita pensando “la mia vita è il rischio e rischio la mia vita. Corro sulla lama del rasoio e me ne infischio, scartando l’ipotesi di radermi la barba.” Folta e incolta come il giardino oltre il muro bianco, che bellamente fissavo, con cipiglio. Increspando la fronte, contraendo le ciglia in segno di turbamento, irritato come una mosca per caso poggiatasi sulla carta moschicida, invischiato nella maledetta promessa fatta a mia moglie di falciare l’erba, ma ero al di qua del muro. Gettai un’occhiataccia alla mia crepa nel muro preferita, laddove l’intonaco era più volatile, aleatorio, quasi diafano, che dalla superficie increspata quasi lasciava passare la luce. In manica di camicia restai di stucco, corrugato come la mia fronte, dietro la quale celai la mia immaginazione: prato all’inglese con erba falciata di fresco! Improvvisamente mia moglie entrò nella stanza con falce e martello. “Ora ce l’hai,” disse con il pugno chiuso, “va e falcia” m’intimò. Con tono intimo sussurrai “e il martello?” Sibilò “rodo dentro! Il martello ti serve per inchiodare i tralicci.” Trasalì e aggiunse “un giorno o l’altro mi farai crepare.” Istintivamente osservai la mia crepa nel muro preferita, oltre il quale già sudavo. M’alzai di scatto, presi gli arnesi e m’avviai oltre il giardino, non avevo chance! Né altro giardiniere che mi aiutasse a calar la falce a filo radente sulle erbacce selvatiche. Stavo per menare il primo colpo quando osservai sott’occhio mia moglie uscir sottecchi. “Qua c’è di mezzo un sotterfugio” pensai e m’accinsi a tornare al mio pertugio. Rientrai in casa defilato e affaticato per la fatica di star per faticare.
Mi rimisi seduto a rimirare il muro, bianco senza tuorlo d’uomo.
Il muro bianco n. 2
Ero lì a osservare la mia crepa nel muro preferita, quando decisi d’immergermi nel mondo esterno. Indossai la mia maglia para noia di routine, per uscire e confondermi fra gli altri, ridendo e scherzando nonostante tutto. Diedi un ultimo sguardo alla mia crepa nel muro preferita, notando con grande stupore quanto fosse pericolosamente immobile, non dando alcun segno di progressione. Sembrava proprio che l’intonaco potesse star tranquillo, ma fu a quel punto che venni colto dal panico. L’ossessione che la crepa fosse irrimediabilmente nell’attimo appena precedente a una sua rapida espansione, fase iniziale di un probabile squarcio nel muro bianco o addirittura del suo crollo totale, tale da lasciarmi all’addiaccio e senza alcuna protezione per chissà quanto tempo, mi indusse a rovistare ansiosamente nel mobile rosso posto sulla parete nera di fronte al muro bianco, per cercare la mia webcam preferita. Non riuscendo a trovarla urlai disperatamente, accusando mia moglie di averla nascosta per farmi chissà quale dispetto. Ella piombò nella stanza ferendomi con lo sguardo, infilò un attimo la mano nel mobile rosso, ritirandola subito dopo con la mia webcam preferita stretta nel pugno, “ma cos’è, ti deve saltare in faccia?” urlò minacciosa. Gliela strappai da mano e senza ringraziarla mi accinsi a collegarla al computer, puntata sul nostro futuro. “Faccio questo anche per te!” urlai sbattendo la porta di casa. In strada corsi affannosamente al Punto Internet all’altro isolato, dove mi piazzai nella mia postazione preferita per osservare online quella maledetta crepa.
Mi rimisi seduto a rimirare il muro, bianco senza tuorlo d’uomo.
Il muro bianco n. 1
Ero lì a osservare la mia crepa nel muro preferita, quando squillò il mio telefono a muro. Risposi senza battere ciglio e, in breve, mi ritrovai sul ciglio del baratro. Forse avrei fatto bene a batterlo. Era la guardia di Fidenza, una vera signora. Sarebbe venuta a trovarmi di lì a breve con un mandato di persequzione. Le chiesi se si potesse soprassedere, ma lei m’intimò di stare all’erta. M’alzai di scatto, non per questo smettendo di osservare quella piccola crepa, che s’apriva nella mia parete tanto quanto nel mio osso parietale, lasciando la mia mente indifesa. Una dannata crepa, una crepaccia che aveva cambiato sesso. Rischiavo di crepare, letteralmente di crepare avvolto nel crêpe della mia effimera vita, estremamente leggero, trasparente e sottile, ordito da minuscole trame movimentate da opposti trefoli, sempre appeso al filo di lana. Una dannata piccola crepa mi frisse come una crespella alle fragole servita su una tovaglietta di crepella a plissé. M’annichilii senza aver la forza di reprimere il mio istinto suicida. Fui sul punto di spirare espirando senza mai più aspirare. Ero diventato un uomo senza aspirazione. D’un tratto ripresi fiato e ripresi atto di aver risfiorato il risfiorire della morte.
Mi rimisi seduto a rimirare il muro, bianco senza tuorlo d’uomo.
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