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Autobiografia frullata nella mente malata di un misogino igienista

12 ottobre 2016

Ci risiamo, il nemico pubico numero uno delle donne ne ha scritta un’altra delle sue. Un’altra storia di donne che fanno un sacco di storie perché dicono di aver vissuto una storia con un tipo da quattro soldi che le maltratta perché è sempre la stessa storia da anni: è ubriaco. La solita storia di donne con una lunga storia alle spalle con uomini che compiono molte azioni di merda contro le donne perché secondo loro fanno troppe storie e che pretendono dalla loro donna che non faccia tante storie quando da bambina la nonna le raccontava tutte quelle brutte storie di uomini che odiano le donne perché hanno paura dei loro piccoli difetti e di ciò che nascondono tra i seni, cioè no… tra i denti, in mezzo ai denti… fra un dente e l’altro… ecco, si… è meglio. È meglio?

Stringe l’Asso
L’uomo che odia le donne quando hanno qualcosa tra i denti
Autobiografia frullata nella mente malata di un misogino igienista
Deglutizioni Clandestine
Euro 18,00 à la Carte

Tempi moderni

8 ottobre 2016

27 febbraio 2031. Oggi è un gran giorno, abbiamo iscritto nostra figlia quattordicenne alla scuola pubica per diventare un’accompagnatrice professionista. Una escort, insomma, come affettuosamente chiamano le fanciulle dell’amore applicato al business, che tanto allietano il relax di noi maschietti stressati. Come si conviene a una famiglia timorata di Dio, accorta al futuro della propria figliola, abbiamo deciso noi per lei. Le faremo intraprendere la carriera del M.A.M (il Mestiere più Antico del Mondo). Io e mia moglie abbiamo scelto lo StaFiGa, l’istituto Statale delle Figliole Gaie della celeberrima professoressa d’igiene genitale Intime Cintole, con indirizzo in prostituzione applicata per darle una strada sicura, un certo futuro. Poi, se sarà brava e vogliosa di studiare, proseguirà con l’università scegliendo la facoltà d’Arte Amatoria per diventare dottoressa in Commercio del proprio corpo. Una professione oggi ai massimi livelli della scala sociale, interamente indirizzata sulla strada del successo. Da quando, un paio di decenni fa, per l’opera missionaria dell’allora Presidente del consiglio Svelo Sobri Inculi, magnaccia di un impero mediatico senza pari dignità, integralmente messo a quel servizio della collettività, ci fu una vera e propria rivoluzione dei costumi e delle usanze del popolo di Ailati.
In breve, le donne furono messe al posto loro, cioè a letto.
Il Partito dell’Ardore, di proprietà del cavalier Sobri Inculi, alleato del celodurista Sto Sui Bomber, eroico condottiero dell’integerrimo Partito della Sega, artefice della legge del cosidetto Taglione in seguito alla quale il paese venne tagliato in due – dando a ciascuno ciò che si meritava – aveva invertito la perversa tendenza, ormai giunta all’eresia, di cercar di raggiungere la parità fra i sessi.
Un’ignominia ai giorni nostri!
Le donne d’oggi hanno due opportunità, o fare la mamma a tempo pieno, sottomettendosi però ai doveri coniugali stabiliti dal marito – la recente legge matrimoniale voluta dal Partito della Chiesa concede al marito di legiferare inappellabilmente in casa sua – o intraprendere la carriera della professionista del piacere… maschile, s’intende. Infatti, il ruolo delle donne è tornato quello originario, accudire gli uomini in famiglia come nella società. Un ruolo fondamentale per il pene del paese.
Dopo la vivisezione della nostra nazione in due macro regioni, la Operonia al sud e l’Impresonia al nord, anche le classi sociali si sono stabilizzate. È semplice: chi nasce al sud diventa operaio nelle fabbriche del nord. Automatico! Chiaro e tondo. Senza lotte sociali per difendere i diritti degli operai, come accaddero a cavallo del primo e del secondo decennio degli anni duemila. I diritti dei lavoratori, molto semplicemente, non ci sono più, sono stati aboliti per legge, ovviamente ottenuta con la fiducia. La fiducia in una società giusta! Chi nasce al sud ha una sola opportunità: emigrare al nord per lavorare nelle aziende seghiste. Non può nemmeno andare a lavorare all’estero, ai cittadini operoniani viene concessa solo la carta d’identità non valida per l’espatrio. Viceversa, quelli del nord diventano tutti padroncini. Nascono direttamente con lo status di imprenditore. Appena finiti gli studi in squole private speciali, lo stato apre agli impresoniani una bella aziendina con le tasse pagate al sud, che tanto lì, essendo tutti dipendenti, gli vengono prelevate direttamente in busta paga. Al nord le tasse non ci sono più, sono state abolite. Agli operoniani, poi, è concesso di acquistare  obbligatoriamente i servizi e i prodotti realizzati in Impresonia. Anche la grande industria non c’è più, troppa tensione sociale… tutti quegli operai gli uni vicini agli altri, che parlavano, discutevano, si organizzavano… adesso basta. Fine. Kaput. Soluzione finale! Solo micro aziende con al massimo venticinque dipendenti, soglia al di sotto della quale l’attività sindacale è proibita. Se qualche imprenditore ha l’esigenza di produrre di più, lo stato gli apre 10, 100, 1000 fabbrichette tutte dislocate a scacchiera, in capannoni attigui ma separati da alti cancelli. Dei veri e propri campi di concentramento produttivo, una peculiarità tutta ailatina, che il mondo intero ci invidia. Finalmente la classe operaia è andata a fare in gulag!
La TAIF, la Toronto Automobili Industria Fuoristrada, da adesso che se ne andata dal nostro paese. Schizzata via immediatamente dopo il grande bluff della firma del contratto nazionale del dislavoro personalizzato, con ottomila tipi di turni diversi, altrettanti orari diversi per la pausa pranzo, settantaduemila colori diversi per il certificato di malattia. Se non lo presentavi nel colore giusto non aveva valore e rischiavi il licenziamento su due piedi. Anzi, con i due piedi in avanti per esser stato obbligato a fare harakiri in fabbrica davanti a tutti i tuoi colleghi, colpevole d’aver bloccato la produzione con la tua stupida daltonia antagonista. Contratto nazionale siglato dopo la sola mossa della mano degli azionisti, nonché del presidente dell’azienda Klan Hen Jon, di mettere mano al portafogli per concretizzare gli investimenti promessi. Il sindacato dell’OIFM (Ostruzionisti Idealisti Falce e Martello) era già stato dichiarato fuorilegge, mentre quegli sciagurati dei sindacati firmatari scioperarono addirittura per cinque minuti interi, costringendo quel povero amministratore delegato Sinché Emigrarono a delocalizzare, giustamente, negli stati Uniti d’Acirema. Sé tapino, che manager coraggioso!
Intanto, nostra figlia già studia china alla pecorina sui libri di mignottologia acuta. Che dite? Supererà la sua prima interrogazione orale con il professore di storia dell’attrazione Fregola Urinaria? Niente di meno che l’attuale Presidente del consiglio in tutta la sua persona. Dopo una fulgida carriera dal Foglio del Giornale a direttore della nuova RAI (Radiotelevisione Impresoniana), da anni si prende l’onere di interrogare personalmente, nelle stanze private di palazzo Grazioli, le fanciulle appena iscritte. Le giovani escort bisogna educarle da piccole!
Archie Pinch All

Date a Cesare quel che non è di Cesare!

15 luglio 2010

Dàteme tutte cose, tutte e’ sorde, tutte e’ case, tutto o’ pòtere, tutte e’ televisioni, tutte e’ giurnale.
È mio! O’ mare è mio, e’ mùntagne songhe de’ meje, e’ fiumi songhe de’ mje, e’ strade, e’ viche, e’ palazzi e tutte e’ cazzi. Puro e’ tuoi, a’ vita toja è da’ mia, e’ ffiglie toje songhe de’ meje, pecché me l’aggia chiavà a’ faccia toja, o me’ chiav’je o e’ facce fa’ e’ puttane pe’ dint’a’ televisione.
Tu nun tiene cchiù a’ potestà da’ famiglia toja, tu nun tiene identità, tu nun sje cchiù nisciuno. Puro o’ culo tuojo è do’ mio. Dàmmello, ne faccio chello ca’ voglio je, pecché a vita toja è da’ mia. Tu nun cùnte niente, si sulo na’ sàmente, sje n’omme o  na’ femmena senza dignità e cchiù vai pazzo pe’ me, je chiù te sguarr’o’ mazzo.
Te faccio o’ pacco, te ‘mbroglio, te sfilo o’ portafoglio e tu nun sulo nun te ne adduone, ma sje puro cuntento e fesso e vaje dicenno ca’ je songhe uno bbuono. Song’o’ rrè, songo cchiù meglio e’ te, ca dint’a’ gabbina llettorale me daje a’ forza e’ te scamazzà. Comme a’ nù pedocchio je te schiatt’a’ capa. Cu e’ llegge ca’ so bbone sulo pe’ me, cu e’ ‘nciuci cull’amici mia, cu e’ magagne ca me fanno cchiù forte e’ nu dio, mentre ca’ tu sje sempe e’ cchiù nu’ povero dio.
Nu’ di’e’ strunzo, ca’ me daje e’ chiave da’ casa toja e je me chiavo puro a mmugliereta, mett’e’ criature toje a ffatica’ pe’ me. Tutta quanta avita faticà pe’ me, pe’ me e pe’ ll’amici mia, pecché je songo o’ patrone e stu’ paese e chi nun e’ ricuttaro cumm’e’ me adda fà sulo a fine de surece, e s’addà sta puro zitto e nun addà sapè niente. Nisciuno addà dicere niente, nisciuno addà scrivere niente, nisciuno addà leggere niente, nisciuno addà guardà niente, nisciuno addà sèntere niente.
Poliziotti, carabbiniere, finanziere e magistrate v’ata fà e’ cazzi de’ vuoste e faciteme fà, ca’ ce penz’je, pecché a’ verità songh’je, a’ realtà songh’je e tutta quanta vuje state dint’o’ munno do suonno.
Duorme, duorme!
Ditt’a’ Tore


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