Sono un tipo che va veloce, ma niente paura, perché le ganasce della mia auto sono gagliarde e assai mordenti. Tempo fa me ne andavo per la statale 65 a cento all’ora, quando la spia dei freni cominciò a lampeggiare dispettosamente. Cra-cra-cra sentivo provenire dal cofano anteriore. Bum-bum-bam e presi una bella sbandata! Mi fermai contro un albero col motore e il mio umore fumante. “Porcoupé,” imprecai. “Dovevo essere per le due in città e sono già le cinque, sono in un ritardo vergognoso.”
Riuscii a uscire dall’auto aprendo a stento la portiera incastrata. Una volta fuori mi stirai i muscoli e sgranchii le gambe, feci dieci flessioni poggiando le mani rattrappite dalla tensione sull’asfalto umido. “Umido?” MI chiesi, “ma siamo in piena estate con il sole allo zenit?” Mi annusai le dita e un profumo dolciastro invase le mie narici, “benzina” pensai ad alta voce. Aprii il cofano maleodorante. Una nuvola di fumo nero mi aggredì gli occhi e la gola, facendomi tossire selvaggiamente e… “per la berlina, ma chi ha infilato la mazza dell’ombrellone fra le ruote come uno stuzzica ganasce?” Mi chiesi brandendo l’oggetto al cielo come una lancia. Presi la rincorsa e la scagliai tipo giavellotto al di là della siepe antistante, verso una fragolaia. Dopo pochi secondi un “aaargh” mi colse impreparato. Avevo colpito qualcuno? Quante domande, decisi di rispondere solo alla prima, “il figlio della sorella di mia madre, che è un gran casinista lui e le sue fissazioni di credere di essere mio cugino carnale, ma se sono vegetariano?” Rientrai nell’abitacolo e provai a rimettere in moto, cough cough burp bruuum vrooom vrooom vrooom coughe coughe coughe ecc., “santo cielo, è ripartita. Se mi sbrigo riesco ad arrivare per le sei all’appuntamento delle due. Un colloquio di lavoro. Quattro ore di ritardo per mettere subito le cose in chiaro.” Sgommai in retromarcia perdendo il paraurti, “fa niente, ne ho un altro di scorta in garage, rubato all’auto del mio vicino, una vecchia 127 sport parcheggiata lì da vent’anni.” Ingranai la prima e partii a tutto gas. In dieci minuti ero già a cento all’ora… beh, lo sprint non è proprio la caratteristica vincente della deux chevaux. Passai in terza senza calare la frizione, così… a orecchio, sentendo cantare i giri del motore. La lancetta del contachilometri balzò a centodiciassette all’ora, mentre cominciò a piovere a dirotto. “Ci mancava solo questa. Un attimo fa l’afa mi faceva sudare le meningi e ora sembra che il padreterno abbia tirato giù lo sciacquone.” La macchina ricominciò a sbandare paurosamente, “maledette gomme lisce, ma niente paura, avete mai visto ribaltarsi una deux chevaux?”
Axel Bijou